Decidere di non accumulare libri sul comodino mi ha reso decisamente più coraggioso nel leggere autori che non conoscevo. La mia banalissima strategia consiste nel non comprare niente finché ho in casa almeno 1 o 2 altri titoli che voglio leggere. Per anni non ho fatto così, acquistando spinto dalla curiosità del momento e poi ritrovandomi a non avere veramente voglia di leggere un certo libro dopo diversi mesi dall’acquisto.
All’inizio dell’anno ho comprato un po’ di cose grazie alle classiche liste di libri consigliati pubblicate su vari siti, altre invece sono legate ad alcune offerte online con titoli al -20% (NPE e Tascabili Einaudi). Infine ci sono libri scritti, tradotti o consigliati da amici. C’è molta narrativa straniera, qualche graphic novel e una spolverata di saggistica legata ai miei interessi di quest’anno. Di libri illustrati e per bambini lascio solo un paio di titoli d’esempio, altrimenti non è più finita.
Labirinti, di Charles Burns
Avevo finito l’anno con molta saggistica, così volevo leggere qualche bel graphic novel per iniziare il 2022. In quest’ultima opera di Charles Burns (Black Hole, ecc.) l’adolescenza e il processo di costruzione della propria identità si intrecciano al mondo del cinema e del disegno. Dovrebbe essere una trilogia e ne sono usciti i primi due volumi. Recensione su Fumettologica.
Infinity 8, di Lewis Trondheim e altri
Un po’ mi incuriosiva leggere qualcosa di Lewis Trondheim che non fosse necessariamente “La Fortezza”. Un po’ mi incuriosiva il progetto di fondo e l’ambientazione sci-fi: il capitano alieno di una nave spaziale, di fronte a una situazione di emergenza, può riavviare la stessa sequenza temporale di 8 ore per 8 volte. Così la protagonista potrà provare per 8 volte a cambiare il corso degli eventi.
Diversi disegnatori si fanno carico di rappresentare in altrettanti volumi i tentativi di risolvere il problema che ha causato questi riavvii.
Ho preso i primi due numeri e mi sono divertito, purtroppo la serie ha un paio di numeri esauriti quindi non l’ho portata avanti.
Recensione su Fumettologica.
Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, di Susan Cain
L’ho preso dalla mia raccolta personale di “libri che hai sullo scaffale, forse un giorno leggerai, ma ancora non è il momento giusto”. È scritto molto bene e penso sia un libro importante soprattutto per la capacità di dare dignità e valore a tratti della personalità sottovalutati (o scherniti) in diversi contesti.
Detto questo, faccio sempre un po’ fatica di fronte alle prospettive dualiste. Me l’ha regalato molto tempo fa mia mamma, riconoscendo in me i tratti dell’introverso. Non so 🤷🏻.
Piranesi, di Susanna Clark
Che gran scoperta! Mi ha decisamente spiazzato, immergendomi in un mondo fantastico. C’è un labirinto che sembra un mondo intero, ci sono statue, maree e un mistero misterioso. Essendo classificato come fantasy ho dovuto schivare il mio sciocco pregiudizio per il genere, scoprendomi a sperare che durasse un po’ di più.
Acquistato dopo averne letto su Il Post e poi anche regalato.
Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, di Michael Chabon
Da amante dei fumetti avevo incrociato questo titolo tante volte, senza mai approfondire. È un grande racconto, scritto benissimo, che attraversa un bel pezzo di storia e cultura popolare americana. Vivamente consigliato.
La porta, di Magda Szabò
Un racconto intenso sull’incontro tra due donne, una scrittrice e la sua domestica, appartenenti a generazioni e contesti diversi. Le fatiche e i successi nello sviluppo del loro rapporto mi hanno ricordato le difficoltà quotidiane nell’entrare in relazione con il prossimo. Probabilmente se lo avessi letto tra qualche anno mi avrebbe colpito ancora di più, nonostante questo l’ho apprezzato molto.
Anche questo (e alcuni altri) recuperato dopo segnalazione su Il Post.
Americanah, di Chimamanda Ngozi Adichie
È una storia d’amore incentrata su due diverse esperienze di immigrazione, dalla Nigeria verso gli Stati Uniti per lei e verso l’Inghilterra per lui. Volevo tanto leggere qualcosa di simile, cioè una prospettiva africana sul mondo e sull’immigrazione.
Ah, ho scoperto solo alla fine del romanzo che l’autrice è molto famosa per il TED talk “Dovremmo essere tutti femministi“.
Trilogia della città di K., di Agota Kristof
Un gran capolavoro che spero troviate il tempo di leggere prima o poi. La storia di due gemelli che attraversano l’orrore della seconda guerra mondiale. Ma anche un racconto che pone un sacco di interrogativi sul racconto stesso.
Le origini del fumetto. Da William Hogarth a Winsor McCay, di Thierry Smolderen
Mammamiachefaticata. Sicuramente un saggio interessante per gli amanti della storia del fumetto, ma pieno di difetti che mi hanno reso parecchio insofferente.
Per prima cosa la prospettiva e il tono. Ne so troppo poco per affermare se la tesi di Smolderen sia effettivamente così innovativa, l’impressione che mi ha dato è stata però un po’ boriosa e arrogante. Più che un testo divulgativo mi è sembrata un’opera destinata ad una ristretta cerchia di esperti.
In secondo luogo, anche se ho apprezzato il grande formato e le illustrazioni, ho trovato difficilissimo orientarmi tra testo e immagini mancando qualsiasi forma di collegamento. In alcuni casi le illustrazioni citate erano molto distanti dal testo se non assenti del tutto.
Vineland, di Thomas Pynchon
Sapevo che avrei dovuto leggere qualcosa di Pynchon ma continuavo a rimandare. Divertente e lisergico, in alcune scene mi ha ricordato Kill Bill, in altri punti mi sono trovato sinceramente un po’ in affanno.
È uno di quei romanzi durante i quali mi chiedo come sarebbe leggerlo in lingua originale.
The Dancing Plague, di Gareth Brookes
Che meraviglia! Per due motivi: il racconto si basa su un evento realmente accaduto nel 1518, ma soprattutto Gareth Brookes ha realizzato questo fumetto interamente attraverso pirografia e ricamo. Andate a curiosare un po’ di tavole online.
Sharaz-de. Le mille e una notte, di Sergio Toppi
In realtà di Sergio Toppi avrei voluto recuperare gli introvabili tarocchi, per regalarli a mia mamma. Però intanto mi accontento della sua magnifica versione delle Mille e una Notte.
Almeno una volta all’anno recuperate una grande opera di un autore fondamentale nella storia del fumetto 😉
Mule Boy e il Troll dal cuore strappato, di Øyvind Torseter
Mi aveva incuriosito dopo averne letto su Fumettologica. È decisamente bizzarro ma molto divertente per come gioca con il tipo di racconto (è una favola per bambini? oppure no?) e con il tipo di formato (è un fumetto? è un libro illustrato?).
Il futuro non promette bene, di Eleanor Davis
Ero (sono) alla ricerca di nuovi autori in grado di offrirmi prospettive sulla contemporaneità. Questo graphic novel lo fa bene, raccontando una storia intima con attorno un mondo molto più reale di quanto non sembri.
La prigione della libertà, di Michael Ende
“Lo specchio nello specchio” è una delle mie raccolte di racconti preferita. È stato un libro che ho cercato per molto tempo, dato che non mi ricordavo né autore né titolo. Poi l’ho trovato e ho iniziato a cercare questa, che è precedente ma non era mai stata ristampata. In ogni mercatino dell’usato o libreria, immancabilmente, finivo a cercare “La prigione della libertà”. Sinceramente non so come ho scoperto che era stato riedito, ma è successo e l’ho comprato.
È sicuramente altrettanto surreale anche se meno memorabile.
Tutti dormono nella valle, di Ginevra Lamberti
Probabilmente sono di parte, perché la Ginevra è un’amica, però ripeto che scrive molto bene. Poi sono anche andato alla presentazione alla Librosteria a Padova. Poi ha una copertina strepitosa. Vabbè, insomma, leggetelo anche voi 😉
Che meraviglia, un ponte, di Roberto Piumini
Quest’estate siamo andati in Puglia, a Otranto. C’è una piccola libreria molto carina in cima alla città e con Nicolò abbiamo scelto un paio di cose, tra cui questa piccola raccolta di poesie di Piumini. Che bello leggere poesie ai bambini.
The Art of Gathering. Create Transformative Meetings, Events and Experiences, di Priya Parker
Nella categoria “libri consigliati da Carmelo” non si sbaglia mai. Decisamente un gran libro per chiunque si occupi di organizzare incontri tra persone: dal grande evento alla cena tra amici. All’interno ci sono un po’ di principi importanti per qualsiasi designer o facilitatore. Niente di nuovo probabilmente, ma fa sempre piacere quando qualcuno li mette in ordine e trova le parole giuste.
Per quanto mi riguarda uno dei più importanti (e un po’ contro-intuitivo) consiste nell’avere a cuore e proteggere il gruppo “escludendo” chi non dovrebbe far parte di quell’incontro (exclude generously).
Ma anche l’importanza dell’invito, soprattutto nell’istante in cui per tutti gli incontri ci sono delle aspettative (da parte dei partecipanti e da parte degli organizzatori) e il 90% del successo di un incontro dipende da cosa viene fatto prima di esso. Il capitolo in cui se ne parla ha un titolo buffo ma efficace: “Never start a funeral with logistics“.
Murderbot. I diari della macchina assassina, di Martha Wells
Dopo la Trilogia della Terra Spezzata ho usato come criterio per la scelta di un bel romanzo sci-fi “ha vinto sia il premio Nebula che lo Hugo”. C’è una pagina wikipedia apposita per fortuna, dove ho scelto questa raccolta di tre racconti.
L’esperienza è stata più simile alla visione di una serie action d’ambientazione spaziale, tanto la lettura scorre veloce. Dietro le quinte un po’ di divertissement da nerd intorno alle intelligenze artificiali e il concetto di individuo. Giusto una spolverata.
Molto forte, incredibilmente vicino, di Jonathan Safran Foer
Consigliatomi dalla psicoterapeuta per motivi sicuramente diversi da quelli che potreste immaginare. Mi ha commosso e stupito e fatto riflettere. So che esiste anche il film ma non credo lo guarderò.
Andata e ritorno, di Ann Jonas
Quest’anno non ho aggiunto i libri illustrati comprati per i bambini che in realtà compro per me. Questo però è un esempio della categoria inversa: “libri illustrati che compro per me e poi leggo coi bambini”.
In pratica il libro si legge in una direzione, arrivati in fondo si gira e si legge all’indietro. Una operazione grafica geniale.
How to Do Nothing. Resisting the Attention Economy, di Jenny Odell
Quando ho scoperto che esiste la versione in italiano ho seriamente pensato di restituirlo e comprarla. Poi non l’ho fatto, impiegando settimane per arrivare in fondo. Lei è un’artista e attivista di San Francisco e ogni tanto sembra si diverta a usare termini un po’ ricercati.
Ma a parte questo è sicuramente un gran bel saggio, con dentro ecologia, Bartleby, attivismo e una prospettiva intelligente per sopravvivere ad una società sempre meno attenta al contesto. Appoggio qui sotto un paio di citazioni dall’ultimo capitolo “Manifest Dismantling”:
“Our idea of progress is so bound up with the idea of putting some thing new in the world that it can feel counterintuitive to equate progress with destruction, removal, and remediation. […] But if we sincerely recognize all that was already here, both culturally and ecologically, we start to understand that anything framed as construction was actually also destruction.”
“Wherever we are, and whatever privileges we may or may not enjoy, there is probably some thread we can afford to be pulling on. Sometimes boycotting the attention economy by withholding attention is the only action we can afford to take. Other times, we can actively look for ways to impact things like the addictive design of technology, but also environmental politics, labor rights, women’s rights, indigenous rights, anti-racism initiatives, measures for parks and open spaces, and habitat restoration – understanding that pain comes not from one part of the body but from systemic imbalance. As in ecology, the fruits of our efforts within any of these fields may well reach beyond the others.”
L’ho regalato a Carlo.
Il bosco delle volpi impiccate, di Arto Paasilinna
Elena si sta appassionando di cultura scandinava e mi ha regalato questo libro. Che piacevole scoperta e che racconto esilarante. Grazie Elena!
Magic fish. Le storie del pesce magico, di Trung Le Nguyen
Un graphic novel che gioca con le storie e la narrazione per riflettere sulla propria storia e sulla propria identità. Mi ha piacevolmente colpito e ho apprezzato anche l’appendice in cui l’autore racconta il suo processo creativo e di ricerca.
Sayonara, gangsters, di Genichiro Takahashi
Che libro matto e poetico. Pensavo di avere delle solide basi rispetto alla letteratura giapponese e invece ecco sbucare direttamente dal 1982 questo volume di Takahashi ora riedito.
Bene, ora aspettiamo che traducano qualche altra sua opera. Perfavore.
L’omino e Dio, di Kitty Crowther
Vabbè, che dire, voi comprate qualsiasi cosa edita da Topipittori e non sbaglierete 😝 Me lo sono gustato io qualche giorno fa e finalmente ieri sera l’ho letto anche coi bambini. L’immagine in evidenza di questa pagina è ovviamente tratta da qui. Bellissimo.
Social Presencing Theater. L’arte di compiere movimenti, di Arawana Hayashi
Me l’ha regalato Elena che ne ha curato la traduzione italiana e me ne aveva già parlato qualche mese fa. Le pratiche di embodiment mi affascinano molto e ho sperimentato troppo poco in questo campo, quindi sono molto curioso. Attualmente in lettura.
Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica, di Mario Lodi
Quest’anno Nicolò ha iniziato le elementari. Da qualche settimana sto vivendo una certa tensione: da una parte il mio ideale di Scuola, fatto di esperienze magnifiche incontrate in questi anni tanto all’estero quanto in Italia, dall’altro il confronto quotidiano con genitori e insegnanti dei quali non conosco l’idea di Scuola e che spesso rivelano una certa divergenza di prospettive o, forse peggio, un disinteresse per il tema.
Questa situazione sta generando in me un po’ di frustrazione che spero di trasformare presto in opportunità e cambiamento 💪.
Nel frattempo mi viene in aiuto Mario Lodi con questo libro scritto tra il 1964 e il 1969. Era lì che mi aspettava sulla libreria da un paio d’anni, quando Carmelo me lo regalò mentre scoprivamo Franco Lorenzoni e il Movimento di Cooperazione Educativa. Proprio nelle prime pagine ho trovato la più lucida descrizione di cosa sto pensando:
“Ricevere dai genitori i figli in consegna per educarli mi ha sempre dato un senso di sgomento. Anche stamane mi chiedevo: se questi genitori fossero liberi di scegliere la persona che educherà il proprio figlio come sono liberi di scegliersi il medico, il sarto, il parrucchiere, l’assicuratore, verrebbero da me? In una scuola che avesse come fine la formazione integrale e senza traumi del fanciullo, la scelta del maestro, o meglio dell’indirizzo pedagogico, dovrebbe essere il primo argomento da discutere fra genitori e insegnanti all’atto dell’iscrizione. Invece non se ne parla nemmeno, come se la scuola fosse la proprietaria dei bambini. La maggioranza dei genitori purtroppo accetta le cose come stanno perché così la scuola è stata per loro come lo fu per i nonni: qualcosa di immutabile in cui il bambino, dopo l’esperienza dell’autorità paterna, passa sotto quella del maestro, il quale gli insegna che si troverà sempre sotto qualcuno che gli traccerà il suo destino. Milioni di croci nei cimiteri di guerra di tutto il mondo ci dicono quale destino hanno avuto uomini ai quali la scuola non aveva insegnato che in certi casi si può, si deve dire di no.”
Sempre il primo capitolo si conclude poi con questa stupenda citazione di Don Lorenzo Milani, che riporto per intero, così come Lodi la riporta a sua volta nel libro. Sintetizza in modo magnifico cosa provo tanto per la fede quanto per l’insegnamento.
“Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola. Quello che loro credevano di stare imparando da me, son io che l’ho imparato da loro. Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi, mentre loro mi hanno insegnato a vivere. […]. Sono loro che hanno fatto di me quel prete dal quale vanno volentieri a scuola, del quale si fidano più che dei loro capi politici. Io non ero così e perciò non potrò mai dimenticare quel che ho avuto da loro. […]. Ed ecco toccato il tasto più dolente: vibrare noi per cose alte. Tutto il problema si riduce qui, perché non si può dare che quel che si ha. Ma quando si ha, il dare vien da sé, senza neanche cercarlo. […]. Quando si ha idee chiare e un progetto preciso di costruire uomini capaci di affrontare vittoriosamente la lotta sociale, allora ha questa dignità perfino la parola che spiega un po’ di aritmetica. In sette anni di scuola popolare non ho mai giudicato che ci fosse bisogno di farci anche dottrina. E neanche mi sono preoccupato di far discorsi particolarmente pii o edificanti. Ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei voluto che diventassero loro. A aver io un pensiero impregnato di religione. Quando ci si affanna a cercare apposta l’occasione di infilar la fede nei discorsi, si mostra di averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale aggiunto alla vita e non invece modo di vivere e di pensare. Ma quando questa occasione non si cerca, purché si faccia scuola e scuola severa, si presenterà da sé, sarà anzi sempre presente e nei modi più impensati e meno coscienti. […]. Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio a averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola”
– Don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali cit., pp. 235 sgg.