Pedagogia dell’autonomia

Avevo un gran bisogno di leggere Paulo Freire. Del suo ardore nel sottolineare la dimensione politica dell’insegnamento, della sua umiltà nell’affermare l’incompiutezza dell’essere umano, della sua allegria.

Il tema centrale del libro è la formazione degli insegnanti, perchè “non c’è insegnamento senza apprendimento”.

Incompiutezza

Punto di partenza è l’incompiutezza dell’essere umano e la possibilità di superarla (ser mais, “essere di più”) ponendosi in un processo di ricerca permanente, accettandosi come esseri in divenire: “cambiare è difficile ma è possibile”.

“Non è più stato possibile cioè esistere senza farsi carico del diritto e del dovere di scegliere, di decidere, di lottare, di fare politica”

“Non è stata l’educazione a rendere educabili donne e uomini, ma è stata la coscienza della loro incompiutezza a generare la loro educabilità”

Coerenza

L’elemento che più mi sta a cuore di Freire è la coerenza: per lui pensare in modo corretto significa agire in modo corretto. È necessario ridurre la distanza tra discorso e pratica, per cui la ricerca è una riflessione critica sulla pratica dell’insegnamento.

“Facendomi carico delle mie convinzioni, essendo disponibile al sapere, sensibile alla bellezza insita nella pratica educativa, stimolato dalle sue sfide, che non mi permettono di burocratizzarmi, facendomi carico dei miei limiti, sempre accompagnati dallo sforzo di superarli, limiti che non cerco di nascondere proprio in nome del rispetto che nutro nei confronti dei miei educandi”

Proprio in quanto essere umano “la mia presenza di insegnante è politica, quindi deve essere coerente ed etica”. Rifiutando il fatalismo (la burocratizzazione della mente) ho il dovere di indignarmi di fronte alle ingiustizie, posso intervenire e cambiare il mondo. Perché “nessuno può stare al mondo in modo neutrale”.

“Che altro è la mia neutralità se non la maniera più comoda forse, ma certo ipocrita, di nascondere la mia scelta o la mia paura di accusare l’ingiustizia?”

“L’educatore e l’educatrice critici non possono pensare che saranno in grado di trasformare il paese, a partire dal corso che coordinano o dal seminario che tengono. Ma possono dimostrare che cambiare è possibile”

Questo non significa radicalizzare ed estremizzare la propria azione. Chi ha qualcosa da dire ha sia il diritto che il dovere di farlo. Ma non è l’unico ad avere qualcosa da dire. Insegnare esige il saper ascoltare.

Curiosità

Insegnare non è trasferire conoscenza, ma creare la possibilità per la sua produzione o la sua costruzione.

“La dialogicità non nega la validità di momenti esplicativi, narrativi in cui l’insegnante espone o parla dell’oggetto […] L’importante è che insegnante e alunni si considerino epistemologicamente curiosi. […] Il buon insegnante è quello che riesce, mentre parla, a trarre l’alunno fino all’intimità del movimento del suo pensiero. […] I suoi alunni si stancano, ma non si addormentano.”

Quest’ultima frase sembra una perfetta traduzione dell’hard fun di Seymour Papert.

Soprattutto l’insegnante non ha paura di non sapere, anzi, “mi sento sicuro perchè non c’è ragione di vergognarsi di non sapere qualcosa”.

“Nel dialogo la mia sicurezza si basa sulla convinzione di sapere qualcosa e di ignorare qualcos’altro… posso sapere meglio quello che già so e conoscere quello che non so.”

Esempio

“Come insegnante non mi è possibile aiutare l’educando a superare la sua ignoranza se non supero continuamente la mia.”

Questo non fa riferimento solamente alle cose che si dicono, ai discorsi, ma anche alle azioni. “La percezione che l’alunno ha di me, non è il risultato esclusivamente del mio modo di agire, ma anche del modo con cui egli percepisce il mio agire”.

“Abbiamo bisogno di imparare a comprendere il significato di un silenzio, di un sorriso oppure di una richiesta di uscita dall’aula. Il tono meno cortese con cui è stata posta una domanda. Insomma, lo spazio pedagogico è un testo da “leggere” continuamente, da interpretare, da “scrivere” e da “riscrivere”.”

“Il mio compito di insegnante progressista […] è quello di aiutare l’alunno […] a riconoscersi come architetto della sua stessa attività conoscitiva”

Tecnologia

“A ogni progresso tecnologico dovrebbe corrispondere l’impegno reale di una risposta immediata a qualunque sfida metta in pericolo l’allegria di vivere degli uomini e delle donne”

Su questo tema (e altri) consiglio di vedere un bellissimo dialogo tra Freire e Papert, se non volete ascoltarlo potete anche leggere le trascrizioni.

Allegria

“Quanto più sistematicamente rigoroso divento nell’esercizio della ricerca e dell’insegnamento, tanto più allegro e pieno di speranza mi sento”

“È notevole la capacità dell’esperienza pedagogica di risvegliare, stimolare e sviluppare in noi il gusto per il voler bene e il gusto per la gioia senza la quale la pratica educativa perde senso”

Questa è la definizione di vocazione per Freire, una gioia che permette di superare qualsiasi fatica e frustrazione quotidiana.

Qualità necessarie

Verso la fine del libro, a pagina 99, con la stessa umiltà con cui è stato scritto il resto, si trova un elenco che a me pare un manifesto per tutti gli insegnanti, di quelle qualità o virtù necessarie alla pratica di una pedagogia progressista:

  • premura amorosa
  • rispetto dell’altro
  • tolleranza
  • umiltà
  • gusto per la gioia e per la vita
  • apertura nei confronti del nuovo
  • rifiuto dei fatalismi
  • identificarsi con la speranza
  • apertura alla giustizia
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