Il ruolo delle tecnologie nell’ambiente di apprendimento dei Summer Camps

Cercando un titolo per il talk ho pensato subito che avrei voluto parlare di come usiamo le tecnologie all’interno dei Summer Camp.

Quando penso a cosa facciamo ai Summer Camp, penso di essere molto fortunato. Non devo dare dei voti ai ragazzi o seguire un curriculum ministeriale e posso permettermi di lasciare che siano loro stessi a trovare i problemi a cui vogliono dare una soluzione. Nel poco tempo che passiamo insieme, uno dei miei obiettivi è realizzare una piccola comunità di apprendimento, all’interno della quale stimolare curiosità, creatività e socialità.

Ultimamente per molte cose ne faccio una questione di linguaggio, quindi invece di classe preferisco usare il più lungo ambiente di apprendimento. Perchè quello che cerchiamo di fare ai camp è creare un ambiente dove i ragazzi possano imparare. Ma soprattutto, e questo l’ho letto poco tempo fa, il mestiere dell’insegnante è in assoluto quello che osserviamo più a lungo durante la nostra vita. Passiamo circa 13 anni (e poi l’università) come studenti a vedere come funziona. Per poter pensare di innovare la didattica bisogna investire energie nel cambiare il nostro modo di vederla. Per questo cerco di non usare alcuni termini della scuola quando parlo dei Summer Camp.

Quindi a cosa servono le tecnologie? Potremmo farne a meno in questi ambienti di apprendimento?

Dipende da cosa intendiamo per tecnologia. Chi ha visto laboratori di tinkering fatica a immaginare che quella sia tecnologia. Innanzitutto è bene non distinguere nuove da vecchie tecnologie. Il senso dell’uso di un robot in aula o dell’uso di una matita possono divergere superficialmente ma, in ultima battuta, si tratta sempre di estensioni del corpo umano che ci impongono di passare da un sistema di conoscenza ad un altro. Facendolo abbiamo l’opportunità di costruire modelli mentali che ci permettono di comprendere il mondo.

"The most exciting breakthroughs of the twenty-first century will not occur because of technology, but because of an expanding concept of what it means to be human”​
John Naisbitt

Quando penso alle tecnologie all’interno di ambienti di apprendimento (che possono essere ovunque, non solo a scuola) penso che possono essere usate in diversi modi:

  • possono essere uno strumento per imparare nuovi concetti o aiutare l’apprendimento, mettendo in relazione insegnante e studenti, come i libri, le matite, i proiettori e le lavagne
  • possono essere uno mezzo per aumentare l’espressività e la creatività dei ragazzi, come la stampa 3D, il graphic design, software per il montaggio video
  • possono essere tecnologie espressamente progettate per contribuire a sviluppare pensiero critico e computazionale

L’ultimo punto è quello che preferisco perchè mi aiuta parecchio nello scegliere quali tecnologie ha senso sperimentare durante i Summer Camp. Sono convinto che una tecnologia, per essere usata in ambito educativo, debba essere progettata per stimolare il lato creativo e sociale di chi la usa.

Tanto per fare degli esempi:

LittleBits

Si tratta di piattaforme e tecnologie che condividono alcune caratteristiche:

  • sono pensate per sostenere il processo di esplorazione e scoperta degli studenti, permettendo di essere utilizzate nella realizzazione di progetti
  • sono tinkerabili, quindi pensate per costruire "cose", per permettere l’espressività e la creatività
  • sono hackabili ovvero permettono di essere utilizzate in modi non convenzionali, possono essere montate e smontate, permettono di scoprire come sono state realizzate e interfacciarle con altri dispositivi
  • chi li sviluppa incentiva la nascità di una comunità e le attività proposte coltivano il senso di condivisione e partecipazione
  • sono divertenti da usare

Una tecnologia educativa non è semplicemente un’interfaccia semplice da usare, nè una replica digitale del nostro modello tradizionale di insegnamento.

Scratch non è così diffuso e utilizzato perchè è colorato e divertente da usare (forse un po’ sì, dai). Si tratta di una piattaforma progettata per stimolare creatività e socialità dei suoi utenti. Una tecnologia educativa deve permettere a chi la usa di spiegare agli altri come l’ha usata, di mostrare il risultato dei suoi sforzi, di esprimersi in maniera creativa e in definitiva di essere smontata a sua volta.

C’è un aspetto delle nuove tecnologie che penso potrà aiutarci a innovare la scuola: ne esistono così tante e la loro evoluzione è così rapida, che non è possibile rimanere al passo e pretendere di saperne più dei ragazzi. Per quanta formazione possiate sperare di fare, domani un ragazzo vedrà alcuni tutorial su YouTube e, preso dalle sue passioni, saprà meglio di voi come pubblicare un sito web per la classe.
Mi succede costantemente con il coding con Scratch, oppure durante i laboratori di tinkering. Non ci sono istruzioni, non so cosa il ragazzo vuole fare, quando mi chiede aiuto quello che posso fare è sostenere la sua ricerca non tanto dandogli le risposte, come lui vorrebbe, ma facendogli altre domande.

Questa dimensione è potente perchè ci costringe ad assumere un ruolo diverso all’interno delle comunità di apprendimento. Non siamo più le persone che danno le risposte, siamo quelli che sanno fare le domande giuste e facilitano il processo di invenzione, scoperta e apprendimento.

The role of the teacher is to create the conditions for invention rather than provide ready-made knowledge.
Seymour Papert

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