Intorno ai primi di dicembre, raggiunta la maggiore annualità, ho iniziato a pensarmi nell’immediato futuro con una tesi in mano. Spinto da questo sogno, sono andato al ricevimento di un docente per chiedergli di farmi da relatore per la tesi. Questa persona mi ha saggiamente chiesto di vedere qualcosa del lavoro svolto (qualcosa = 70.000 caratteri). Per quattro giorni e quattro notti mi sono sforzato, ma l’unico qualcosa uscito è quantificabile in 16.000 caratteri.
Per questo motivo, martedì, vado da un altro docente a chiedere a stessa cosa. E la ottengo. Firma sulla domanda di laurea e ampi sorrisi.
Durante i quattro giorni di sudore e stridore di cervella, ho imparato un po’ di cose:
. la tesi, per quanto lo desideriamo, non si scrive da sola
. una bibliografia non va solo raccolta, tendenzialmente bisognerà leggerla
. dovrò ricorrere per forza al prestito interbibliotecario
. essersi fatti firmare la domanda di laurea non solleva dal dover scrivere la tesi
. se tutto va storto, potrebbe sempre andare peggio
. purtroppo ogni impegno diverso dalla tesi è sacrificabile. Mi scuso in maniera preventiva.
. qualsiasi indice è la rappresentazione di un’utopia
. il miglior titolo che avrete in mente è il peggiore che sta pensando il vostro relatore
In compenso, la notte di domenica ho avuto un sogno premonitore che mi ha fatto vivere nell’angoscia il giorno successivo, mentre aspettavo la risposta dal primo docente. Sognavo che il mio professore si incazzava come una vipera, e la sua scrivania era in uno stanzone tipo quelli dei giornali, con un gan via vai di articolisti.
Ricordo poco altro, una scuola-orfanotrofio circondata da un giardino, un ragazzo vorace, l’infermiera-inserviente che ricopre ogni cosa di cioccolata, il preside che urla in continuazione, ampi e asettici ambienti in cui ci si muove evanescendo. Sotto il terrapieno su cui è costruita la grande casa colonica ex orfanotrofio, c’è un piccolo buco, dentro un topo, o un criceto. Nel giardino c’è gente, il topo o criceto corre in giro come un pazzo, scappando dal gatto, finchè non si rifugia nella sua tana, arredata con mobili in legno e un caminetto. Fuma la pipa e legge il giornale. Fuori, sulle scale, il ragazzo esce dalla scuola, con lui il preside e la cuoca, tutti sorridono pensando agli inseguimenti del gatto e del topo.
Altre cose imparate di questi giorni:
– i jeans sono un indumento comodo, adatti in diverse occasioni. Purtroppo ora che fa un freddo cane è come uscire in mutande.
– fra poco potrei rispondere ad uno dei professori dove lavoro con: “e poi cosa? un pompino?”
– i cubicoli all’ultimo piano della BEC sono il sogno di ogni laureando
– una crostata fatta in casa a colazione e la giornata ti sorride
eh la vita da tesisti è un inferno. se non trovi il relatore giusto sei fottuto. se lo trovi, sei fottuto lo stesso. un saluto 🙂
sotto i jeans, prova il pigiama. vedrai che roba. e te lo dice una che ha fatto la statuina all’aperto per sei giorni filati.