i due principi

Nessuno sa da quanto tempo erano fermi così. Stavano immobili uno di fronte all’altro, nella stessa posizione, seduti ad un tavolo di vetro, con un braccio dietro la schiena e l’altro disteso sul tavolo, a stringere un coltello ben affilato. Erano vestiti come due splendidi principi delle fiabe, ma più che i fronzoli degli abiti ricamati, risaltavano i loro lunghi mantelli di velluto, uno rosso e l’altro blu, l’unica cosa che li distingueva.
Nessuno osava avvicinarsi, così nessuno poteva notare se quelle ombre grige erano strati di polvere o l’atmosfera che li avvolgeva. Questa era in qualche modo pesante, tesa, i due si fissavano con uno sguardo intenso, concentrato pienamente negli occhi dell’altro. Nessuno era in grado di affermare con certezza che i due avessero sbattuto le palpebre o si fossero distratti anche solo per un istante, nessuno metteva in dubbio che tra i due ci fosse un rapporto conflittuale. Intanto doveva esserci un valido motivo per trovarsi in quella situazione, i due dovevano per forza essere in relazione, era però impossibile fare altre congetture visto che il braccio dietro la schiena era coperto dal pesante mantello di velluto. Soprattutto i due sembravano solidamente immobili, più che per scelta, per impossibilità a fare altro. Si poteva certamente definire una presa di posizione, ma raggiunta a seguito di assestamenti involontari o almeno inconsapevoli. L’impressione era che i due fossero talmente concentrati sull’attuale situazione da impedirne qualsiasi cambiamento. Gli sguardi di entrambi, ma potremmo osservarne solo uno per capire anche quello dell’altro, erano vivi, lucidi, ossessionati, riflettevano la sagoma di fronte come uno specchio.
Io non capisco cosa ci facevo con un coltello in mano, nè tantomeno cosa mi trattenesse in quella situazione di empasse, per cui non riuscivo a fare a meno di osservarli, sebbene da una certa distanza. Stavo lì e non potevo fare a meno di farmi certe domande sulla loro situazione, senza minimamente pensare alla mia. Dev’essere successo ad un certo punto, un crac del tavolo, una goccia di sudore sulla lama, della polvere negli occhi, non lo so, non ricordo, ma per un qualche motivo la situazione mutò, all’improvviso, veloce come lo sbattere d’ali di un uccello, come la goccia che entra in acqua e scompare, così i due balzarono sul tavolo e cacciarono l’urlo più potente e profondo che mai mi capitò di sentire in vita. Di quel che successe dopo non ho memoria.

5 commenti su “i due principi”

  1. interessante forse evidente
    quando un accento aiuta la mente
    i prìncipi seduti intorno al tavolo
    come i princìpi che non sàn comunicare
    a tratti vorrebbero mandarsi al diavolo
    attratti sono il motivo per continuare.

  2. cioè, cioè cioè…..

    Ciascuno di noi dovrebbe avere delle vie espressive, ovvero delle forme, dei modi, dei tempi, dei luoghi, utili a sè stesso per comunicare verso l’esterno le sue pulsioni interiori.
    Ci sono persone che scelgono (o sono portate verso) vie espressive specifiche, ci sono altre persone che non scelgono nessuna forma particolare, limitandosi alla corretta scelta del tempo. Così, io cerco di essere il più possibile puntuale nel lasciare traccia di qualcosa che sento dentro.
    Lasciare traccia per me è importante, dato che credo di avere una pessima memoria, inoltre perchè sono convinto che le pulsioni interiori, le idee, se lasciate dormire troppo a lungo, non si sveglieranno più.
    Sono consapevole che, ogni tanto, il valore di tali manifestazioni espressive non ha senso, se non per me. Per questo, per evitare di affossarmi nella spirale dell’onanismo, cerco sempre di intervallarle con cose di sicuro effetto.

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